21.3.10

MAN THING 1602

Eccovi un breve racconto horror.
Così mi sarebbe piaciuto reinventare MAN THING, la cosa della palude, in una versione del 1602.
Cosa che difficilmente avverrà e che quindi vi regalo.
Di sicuro è un post un pochino lungo ma chiedo venia per questo.
Buona lettura.




Che Dio abbia misericordia di me.
Ho peccato ancora… sono un figlio imperfetto e fallibile. Sono un uomo.
Il frutto del mio peccato è una maledizione che corrode l’anima
e l’espiazione della colpa attraverso il dolore non basta.
Ho tradito la Fede, sono colpevole.
Ho tradito la vita, e così anche me stesso.

Lei era un’ombra bellissima, coperta di alito nero,
portava il profumo dei campi di grano, della mietitura.
Ricordo l’odore di zucchero e incenso della sua bocca mentre parlava.
Ciò che il mistero confessionale non permetteva di vedere,
lo immaginavo in preghiera e così ho peccato la prima volta.

Chiese il mio aiuto per custodire un segreto e liberarla da un peso,
di qualcosa che aveva dovuto rubare.
Lasciò sull’inginocchiatoio una piccola sacca di pelle conciata.
Vi trovai all’interno un’ampolla marchiata in oro col sigillo del Grande Inquisitore. Era bizzarro: io, custode della casa del Signore,
dell’intimità confessionale e dei miei sensi di colpa.
Non ho potuto dire di no, qualcosa di familiare mi guidava l’anima,
come ipnotizzato e schiavo del suo canto sottovoce.
Dall’alito suadente e calmo, dai capelli ricci e rossi di carne viva.
Guardai un cielo infuocato ed ebbi paura di me stesso.

Vennero la stessa notte con ferro e bastoni, vennero a cercarmi.
Una notte senza luna illuminata di fiamme e polvere.
La mia umile chiesa li accolse nell’amore di Dio ma si sbagliava.
Fuggii verso la palude con l’ampolla appesa al collo.

Mi inseguirono tutta la notte e il giorno dopo,
non erano abili cacciatori, almeno non più di me.
Trovai un vecchio capanno abbandonato e dismesso,
non li vedevo più e decisi di fermarmi a respirare.
Osservai l’oggetto, pieno di un liquido verde smeraldo
con fondo violaceo torbido: mortale mistero in ampolla ovoidale.
Lei mi aveva avvertito: “Se cadesse in mani sbagliate
non avremo più speranze, sarà la fine, l’Apocalisse.
Il grande Inquisitore sarà immortale, come il vostro Dio.
Dominerà con la tirannia del sangue e della morte”.

Ma qual è la statura di Dio?
E quale quella dell’Inquisitore?
Potente era la tentazione di sostituirmi io stesso a entrambi,
forte era il desiderio di assimilare il liquido e guidare la nuova era
secondo una fede buona e giusta, secondo la mia fede, come fa un padre con il figlio.
In un certo senso fui accontentato.

Fui svegliato dall’inquisitore stesso.
Era con lei e tre esseri deformi.
La vidi per la prima volta senza velo, senza doverla immaginare.
Tentai la fuga, avevo l’ampolla appesa al collo e voglia di vomitare.
Forze occulte mi sollevarono da terra e non riuscivo a muovermi,
appeso per il tappo che chiudeva il filtro.
Ma il tappo si aprì e il liquido cadde nella mia bocca terrorizzata.
Mi presero a calci nella speranza di farmelo vomitare. la speranza…
Trascinato fuori come una preda assassinata,
legato ad un albero marcio, immerso per metà nella palude,
pieno di vergogna davanti agli occhi di lei, come una bestia abbandonata.
Abbandonato da Dio, da qualcosa di grande che si preoccupa
e si prende cura dei suoi figli ingrati, nei secoli dei secoli.
E’ la fede in Dio che ci distingue dalle bestie,
la fede degli animali è l’istinto,
e il mio istinto non aveva funzionato molto bene.

“Perché fate questo? Liberatemi..!” - e se ne andarono senza ascoltare.
Dopo ore vomitai.
Un fluido che bruciò le carni sino all’osso.
Urlai di muto, inevitabile dolore, senza più corde vocali né lingua.
L’acqua gelatinosa emanava odori fetidi, non sentivo più i piedi,
come scomparsi, fusi nel letto della palude e vidi lei dormirmi accanto.
Ebbi l’istinto di toccarla, di sfilarle il cappuccio per rivederla in viso.
Una magra radice esaudì il mio desiderio, emerse e le scostò il mantello.
La cosa incredibile era che avevo la sensazione di essere io a farlo,
come se nuove dita agissero al mio servizio.
La carezzai con dolcezza, attento a non svegliarla.
Mi addormentai.



Arrivò di fronte un uccello sottile, dal becco affamato,
sentivo chiara l’intenzione di mangiarmi gli occhi… e così fece.
Non reagii, non lo allontanai, meritavo ben più di un castigo.
Dio mi puniva affinchè non potessi più guardarla, era cosa buona e giusta.
L’uccello terminò il magro banchetto ma gli occhi continuavano a vedere,
solo una forte tendenza al rosso saturava le immagini,
come un filtro insanguinato scuro.
Guardai le braccia legate,
le spalle nude somigliavano a radici coperte di muschio vivace.
Non sentivo dolore né dispiacere.

Poi venne in visita uno scorpione sul dorso d’un serpente, il diavolo probabilmente. Amava ricordarmi quanto fosse diventata precaria e folle la mia fede
e chinando la testa per guardarlo meglio mi specchiai.
Grandi occhi rossi e lunghi capelli erbosi con radici pendule
formavano cerchi toccando l’acqua.
Avevo sempre desiderato una folta capigliatura ma la mia chiesa non lo permetteva. La bestia immonda strisciò sul mio stomaco,
rifugiandosi all’interno del petto, entrava nella sua nuova casa, la casa del peccato.
Sul pelo dell’acqua putrida vidi galleggiare il mio orecchio e alcuni denti.



D’un tratto la bella voce, lei era sveglia e la riconobbi.
Era mia sorella, la piccola Magdalene…
“Buongiorno Teddy… mi riconosci adesso?
Sono la tua adorata sorellina che hai abbandonato quindici anni fa…
Te la ricordi la mamma? Era molto malata e tu le hai dato il colpo di grazia andandotene via, l’hai uccisa di dolore e sei scappato per sempre.
Papà invece è morto per mano dei tuoi confratelli, soldati di fede e di spada che pretendevano la nostra casa perché lì avrebbero costruito una nuova chiesa.
La tua Santa Madre Chiesa, il Demonio che ha distrutto la nostra famiglia
… e la mia vita. Sono rimasta sola Teddy e anche tu.
L’Inquisitore mi ha voluto con sé, in cambio di facili servigi,
sono diventata la prostituta al servizio di Dio,
lo stesso Dio che ti ha salvato dalla fame e dagli stenti.
Il sapore dell’Inquisitore era amaro e maleodorante
ma dovevo sopravvivere per distruggerti.
Ti ho portato l’ampolla con l’inganno, sapevo l’avresti bevuta,
saresti stato costretto a berla comunque.
Era l’unica cosa che gli avevo chiesto in tanti anni di servigi, non poteva rifiutarsi.
E sapevo che la magica palude avrebbe reagito donandoti una nuova veste.
Non ti voglio uccidere, troppo facile... Ti condanno a vivere come meriti:
un muto mostro putrescente senza sentimenti… avrei potuto far di peggio,
ma sei pur sempre il mio adorato fratellino… Teddy.”

Provai ad avvicinarmi per darle conforto e perdonarla, era chiaro che stesse soffrendo,
alcune delle mie nuove braccia la avvolsero ed era come impazzita,
urlava orrore al cielo e si dimenava lacerando le vesti.
Non avere paura, non respingermi… Mi hanno insegnato il perdono,
non ti farò del male, sei una creatura di Dio, fragile e indifesa.
Non capiva quanto l’amavo, quanto desiderassi proteggerla
ora che il Signore ci aveva riunito.
La mia piccola Magdalene, la mia cara sorellina.
Solo ora comprendo l’errore… Preghiamo.

Non riuscivo più a trattenerla e d’un tratto le cadde a terra un braccio,
poi anche il resto del corpo si spezzò.
La sollevai dinanzi a me, aveva gli occhi rivolti al cielo,
stava pregando anche lei per il suo devoto fratello e confessore.
Mi alzai dall’acqua e l’albero mi seguì come una spina dorsale.
La strinsi forte, così forte che cominciò a sanguinare ed esplose.

Ora non piangerai più dolce Magdalene, niente dolore né dispiaceri,
ma ti prometto un posto nel regno dei cieli al fianco del Padre,
lontano dall’esilio del corpo terreno.
Nostro Signore dispone i tempi della nascita e della morte
e ancora una volta ho accompagnato un’anima verso la vita eterna.
Custodirò il tuo corpo dentro di me.
Insieme nei secoli dei secoli.

La strana cosa mostruosa e claudicante la assorbì nel petto erboso e scomparve nelle nebbie della palude.

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