9.3.10

NO BLOCKBUSTER, NO PARTY



Negli ultimi mesi ( e ciclicamente, negli ultimi anni…) mi viene la sottile voglia di mollare i fumetti. Di non stamparne, scriverne, curarne, ne disegnarne più, tantomeno comperarne di nuovi… ma di bere più alcolici per bisogno di catalessi.

La stessa voglia di mandare tutto in culo riguarda anche la musica, smettere di suonare, di fare prove, nuovi dischi, bei concerti e tristi marchette per spettatori ignoranti ed ignari, culturalmente ed intellettualmente parlando.

Di mollare questa guerra furiosa che ti obbliga a procacciare (con apprensione) nuovo lavoro in ogni dove e rompere poi i coglioni (per mesi) per farti pagare, con il rischio di esser malvisto (perché insistente) e rifiutato per il lavoro dopo; preferiranno un giovinetto che vive con la mammina e che anche se non lo paghi è contento lo stesso, o che comunque non caca il cazzo più di tanto.

Questo paese di una sinistra mummificata e di fascisti superbi che non ascoltano i propri figli, che ti castrano, che se ne fottono della cultura, che globalizzano le povere menti e costringono quelle pensanti ad allinearsi, alla fuga o a nebulizzarsi in micro popoli di vari colori.

Una ex democrazia che non riconosce le qualità creative, che premia gli infami, i ricchi tiranni, i furbetti, i voltagabbana, i delinquenti, gli approfittatori, i calciatori, le troie, i grandi fratelli, i gregari e i preti.

Dove anche i personaggi assurti ed autoinvestitisi del ruolo di salvatori dell’Italya, della giustizia e dell’intelletto, formano a loro volta una nuova lobby pseudo mafiosella con amici, amichini ed amichettial seguito (sto parlando di Travaglio S.p.a.).

Ed allora uno pensa all’estero come un’isola consolatoria e felice, o soltanto un poco più civile che già basterebbe. O solamente come una bella avventura che è comunque un buon cibo, che vale la pena assaggiare.

Ma per guardare all’estero, sì che ci sono le mail per comunicare e ramificare un minimo, ma un giretto per editori, cantieri edili, panetterie di qualsivoglia paese bisogna farlo di persona.
E fare i giretti costa.
Magari non troppo, accontentandosi e scroccando pernottamenti ad amici sparsi, ma tant’è che qualcosuccia bisogna scucire. E non sempre si può.

Per contro, escono tonnellate di fumetti ogni mese, quintali di dischi, dvd, riviste e libri vari che non tutti vedranno, che non tutti troveranno sugli scaffali perché le edicole ed i negozi non possono tenere un ricco, aggiornato assortimento mensile, perché i distributori “certi titoli” non li tengono neanche in considerazione, non li consigliano, non fanno cassetta, li tengono a dormire nei magazzini.

No blockbuster, no party.

Ed ecco il confino dei confinati. Che stampano 500 copie e ne vendono 100, poi tutto si ferma.
A meno che non s’abbia un “aiutino amico” o la conseguente necessaria economia per girare tutte le fiere di settore (ed andare in distribuzione nelle librerie di varia) e combinare alfin qualcosa di decente, che somigli ad una presenza.

Insomma, tornare a fare il barista, o il cameriere, o il lavapiatti, o l’aiuto cucina o chissà cos’altro, manleva il libero precario dall’obbligatoria invenzione del vivere quotidiano per far bello il nulla.

Non vedo, non sento, non parlo ma percepisco uno stipendio e interpreto la mia parte nell’ingranaggio capitalistico sociale.
Con buona pace dei vampiri e dei maiali.

1 commento: